Eccoci, dopo l’ascesa per i giri turbinosi della Scala Regia, nel piccolo vestibolo, dipinto tra il 1576 e il 1577, detto “seconda guardia”. La pittura parietale ricopre le quattro pareti e la volta, richiama il più antico stemma Farnesiano, ossia l’Unicorno che si disseta da un rivo, paesaggio con ruderi antichi, e qualche simbolo dal sapore esoterico, che vi svelerò … sul posto. 

Palazzo Farnese di Caprarola. Il vestibolo della Seconda guardia.
Palazzo Farnese di Caprarola. Il piccolo vestibolo detto seconda guardia. Dettagli della volta.

Il portico circolare: 

Il vestibolo immette nel portico circolare del Piano Nobile, che a sua volta mette in comunicazione gli ambienti di questo piano, dei giardini e delle scale di servizio (costruite nello spessore dei pareti in modo che i servitori non diano fastidio al Gran cardinale), che servono i due piani superiori della servitù. La decorazione pittorica del portico venne realizzata tra il 1576 e il 1577.

Nelle nicchie del portico furono posti i busti di dieci Cesari, mentre altri due, i busti di Tito e di Domiziano collocati negli oculi sopra le porte delle sale di rappresentanza. Purtroppo nessuno dei busti rimase al suo posto, perché com’è noto, vennero trasferiti al Palazzo Farnese di Roma nel 1861. Fu il re Francesco II di Borbone a farli prelevare durante i lavori per l’adeguamento della permanenza alle esigenze della corte napoletana in esilio. 

LA LOGGIA DI ERCOLE O SALA DI ERCOLE: La decorazione della sala fu avviata da Federico Zuccari, con la scena centrale della volta, a lui subentrò un suo rivale, Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja che adeguò il proprio stile a quello di Federico nel completare il resto.

Le pareti e la magnifica fontana di stucchi e di mosaici, furono realizzati tra il 1572 e il 1573. Sulle pareti venne raffigurato il patrimonio dei Farnese, in dieci vedute, dai Ducati di Parma e Piacenza, ai luoghi nella nostra bella Tuscia. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La città di Parma.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La veduta della città di Parma, possedimento Farnesiano.

La vista che si apre attraverso le arcate della loggia, ora coperte da vetri, sul paesaggio verso Roma, completa quanto viene rappresentato all’interno, perché mostra il coronamento del potere dei Farnese che intraprendendo la carriera ecclesiastica, e l’abile politica matrimoniale, arrivarono sui vertici gerarchici più alti della Corte Pontificia. E poi sulla scena politica d’Europa, da grandi protagonisti nel secolo XVI.

La volta e le lunette furono dipinte tra il 1568 e il 1569.

Nella volta è dipinta la creazione mitica del lago di Vico, con al centro Ercole, nella cui persona s’identifica il Gran cardinal Alessandro Farnese, in questo caso per le opere di sistemazione idrica da lui fatte realizzare. Quanta meraviglia, sul volto dei contadini, intorno all’acqua scaturita! Il momento prima si trovarono ancora impegnati di estrarre la spranga che Ercole conficcò nel terreno, lanciando loro questa sfida che i terreni mortali difficilmente poterono vincere.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La Creazione leggendaria del Lago di Vico.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La scena principale nella volta, con la creazione leggendaria del lago di Vico da Parte di Ercole. I contadini che persero la sfida lanciata loro da Ercole, guardano meravigliati l’opera: l’acqua che origina il lago. Il Gran Cardinale si identifica con l’eroe mitologico. Il motivo? Ve lo svelerò sul posto.

Nei riquadri maggiori della volta, le Gesta di Ercole. Tra i personaggi almeno un ritratto è certamente al vero, si trova nel riquadro della Costruzione del Tempio di Ercole (in allusione alla costruzione del Palazzo), dove viene raffigurato l’architetto Jacopo Barozzi detto il Vignola, riconoscibile dal compasso che tiene nella mano e dalla comparazione di altri suoi ritratti.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La scena della Costruzione del Tempio innalzato in onore ad Ercole.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La costruzione del Tempio di Ercole sul Monte Venere (non si vede sulla foto). In primo piano nella figura con il compasso con la mano è effigiato il famoso architetto, Jacopo Barozzi detto il Vignola.

Nei riquadri minori sono rappresentati le dodici fatiche di Ercole, mentre nelle lunette troviamo l’episodio del furto dei buoi di Ercole e l’intervento di Giove che con una pioggia di sassi uccide i due ladroni. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. Ercole uccide l'Idra di Lerna.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. Ercole raffigurato in una delle dodici fatiche, in cui uccide l’Idra di Lerna.

Dalla bellissima fontana rivestita con stucchi e mosaici, e ornato da quattro fanciulli in marmo cipollino, all’epoca sgorgava l’acqua, proprio dove viene rappresentato un fiume, rendendo l’ambiente semiaperto più fresco. La fontana fu scolpita dal famoso “Curzio delle fontane” ovvero Curzio Maccarone, attivo anche a Tivoli, un esperto del settore conteso dai signori più illustri. Mentre il mosaico dello sfondo è attribuito a Francesco da Tivoli oppure al giovane El Greco (che però, come noto, non fece fortuna nella corte Farnese come pittore). 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala di Ercole. La Fontana di Curzio Maccarone.
Palazzo Farnese di Caprarola. Sala di Ercole. Dettaglio della fontana, costruita tra il 1572 e il 1573 da Curzio Maccarone, che aveva già lavorato a Villa d’Este di Tivoli e al Vaticano. L’acqua sgorgava precisamente dove si vede il fiume che scende, aggiungendo un suono piacevole alle orecchie, oltre alla soddisfazione della vista dell’insieme della fontana, fatta di mosaici, stucchi, sculture.

Le sei statue putti furono in parte restaurati nel Cinquecento, presumibilmente da Giovanni Battista De’ Bianchi, scultore-restauratore al servizio del cardinale Alessandro Farnese. 

Quanto riguarda la composizione della fontana, un’interpretazione dice che potrebbe rappresentare un’allegoria del battesimo.

L’iconografia della sala fu quasi certamente elaborata dal bibliotecario del Gran cardinal Farnese, Fulvio Orsini. Le gesta di Ercole tratte dal commentario di Servio a Virgilio. 

Le scene rappresentate: La creazione del lago di Vico. Ercole conficca la lancia nel terreno sfidando i pastori ad estrarla. I giovani pastori tentano invano ad estrarre la spranga. Ercole estrae la spranga, e dal terreno sgorga l’acqua che dà origine al lago di Vico. Ercole disteso tra le acque che ha riempito il bacino del lago. Gli abitanti dei Cimini costruiscono un tempio dedicato ad Ercole. Ercole uccide l’Idra di Lerna. Ercole uccide il toro crestese. 

LA CAPPELLA: Decorazione, Federico Zuccari e aiuti, 1566-1567. La pianta di forma circolare, di diametro m 9,70 è speculare a quella della Scala Regia. Le pitture, gli stucchi, le dorature, l’elaborata decorizione a greche, il pavimento, e la loro composizione in svariate forme ed incastri di figure, rivelano una raffinatezza fuori del comune. Nella cappella potevano assistere alle funzioni religiose i componenti della corte del Gran Cardinale.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. La volta.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. Particolare della volta, con al centro la Creazione del mondo, e intorno in sei tondi, altrettante scene tratte dall’Antico Testamento. Gli scomparti della volta costituiscono anche il disegno, molto dettagliato del pavimento, di forma circolare.

Analogamente all’uso raffinato della luce, che filtra da quattro vetrate colorate istoriate, creando l’atmosfera che riporta indietro nei tempi biblici, perfetta al tema rievocato nella volta: la creazione del mondo al centro e sei scene tratte dall’Antico Testamento. Le finestre furono realizzate da un Ruberto fiammingo, ingaggiato nella corte del Gran cardinale, anche come pittore di paesaggi. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. La vetrata con San Pietro.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. Particolare di una delle vetrate con la figura di San Pietro.

Il numero degli apostoli delle quattro finestre viene completato con gli altri otto, che invece vennero dipinti nei rettangoli della parete circolare, che illusionisticamente, ripropongono una loggia serliana.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. Particolare. Il ritratto di Taddeo Zuccari.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. Il personaggio dipinto sulla destra nell’incasso rettangolare, è l’apostolo Taddeo, in cui notoriamente viene effigiato il pittore Taddeo Zuccari.

Il pavimento forma dei complessi disegni, conformemente allo stile del Vignola, rispecchia gli scomparti della volta, ai cui medaglioni corrispondono preziosi tondi marmorei, e non poteva non venir sfruttato per proporre ancora una volta, i motivi araldici dei Farnese. 

Nella cupola vengono raffigurate scene del Vecchio Testamento, sulle pareti apostoli a figura intera, una Pietà tra San Giovanni Battista e le Marie al sepolcro.  Quest’ultima è la copia della pala d’altare che Taddeo Zuccari dipinse per questa cappella, ma che il fratello Federico, dopo la morte di Taddeo preferì tenere per sé. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. La volta, al centro la Creazione del mondo.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. Il centro della volta con l’immagine della Creazione del mondo.

La decorazione pittorica si deve a Federico Zuccari, che a settembre del 1566 subentrò al fratello Taddeo, morto pochi giorni prima. Tra i volti raffigurati nella sala, dei ritratti al vero, come di Jacopo Barozzi e di Taddeo Zuccari.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. A sinistra il Vignola, nelle sembianze di Giacomo Maggiore.

Le scene della volta: La Creazione degli astri. La Creazione di Eva. Il Diluvio Universale. Il Sacrificio d’Isacco. Il Passaggio del Mar Rosso. Samuele consacra a re David, ungendolo con l’olio che cade dal corno. David riceve i tributi dai popoli assoggettati. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. L'altare.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Cappella. L’altare, al centro, con l’affresco della Deposizione di Cristo. Sulla destra appresso la vetrata, effigiato il Vignola. Sulla sinistra della vetrata di sinistra, effigiato Taddeo Zuccaro. Molto probabilmente davanti a quest’altare si svolse il matrimonio alle seconde nozze di Clelia Farnese con Marco Pio di Savoia, spinta nelle braccia di quest’ultimo per interessi di famiglia, dal padre, il Gran Cardianl Alessandro. (v. in Patrizia Rosini: Clelia Farnese).

LA SALA DEI FASTI FARNESIANI: E’ la sala d’onore, decorata con eccezionale raffinatezza, con l’uso profuso dell’oro, gli stucchi, gli arazzi dipinti, le greche, tutta una serie di fantastici motivi della pittura Cinquecentesca, dove il Gran Cardinal Farnese desiderò far affrescare gli eventi salienti della storia della casata.

Gli episodi dalla scalata al potere e all’affermazione (1100-1435) vennero dipinti nella volta, sulle pareti gli avvenimenti che coincidono con il massimo splendore del secolo XVI. I pittori impegnati in questa sala furono Taddeo Zuccari e allievi, dal 1562-1563, secondo alcuni già da 1561.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Nella volta gli eventi dell’ascesa e dell’affermazione dei Farnese, dal 1100 al 1453.

La grande storia europea s’intreccia con quella dei Farnese, in cui il Gran Cardinale si riserva un ruolo da protagonista, continuando la narrazione di quanto fu affrescato nel Palazzo della Cancelleria dal Vasari (1546) e nel Palazzo Farnese di Roma da Francesco Salviati (1552-1556) e dallo stesso Taddeo Zuccari che nel 1563 subentrò al primo.  

Il Gran Cardinal Farnese è in vista, in sette riquadri su otto, impegnato nelle delicate missioni diplomatiche per lo Stato Pontificio, fino alla metà del secolo XVI, presente agli importanti matrimoni che imparentarono i Farnese con l’imperatore e con i reali di Francia, più volte ritratto a fianco appunto, dell’imperatore Carlo V e del re Francesco I. 

Palazzo Farnese di Caprarola. L’Ingresso solenne a Parigi di Carlo V, avvenuto nel 1540. Molte le fonti dell’epoca che raccontano l’evento con dovizia di particolari. Sulla destra di chi guarda, nella figura gentiluomo che regge nella mano l’asta del baldacchino si è effigiato il pittore Taddeo Zuccari, che fece il ritratto del fratello Federico al lato opposto.

Certo, colpisce la figura di Carlo V e di Francesco I di Francia, così come le scene dei matrimoni, perché rievocano inevitabilmente nella mente i personaggi rappresentati (1556-1561) su commissione di Cosimo I de’ Medici per le Storie della famiglia Medici, al Quartiere di Leone X al Palazzo Vecchio. Ci si fa caso, anche perché, com’è noto, Cosimo non riuscì mai a guadagnare la fiducia di papa Paolo III.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Da sinistra a destra: Il matrimonio di Ottavio Farnese con Margherita d'Austria.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Da sinistra a destra: Il matrimonio di Ottavio Farnese (fratello minore del Gran Cardinale) con Margherita d’Austria, figlia naturale dell’imperatore Carlo V. La data reale dell’evento 1538. Al centro: ritratto di Filippo II di Spagna. Sulla destra le nozze di Orazio Farnese (altro fratello del Gran Cardinale) con Diana di Valois. La data reale delle nozze 1553. Ancor più a destra, la Guerra ai Luterani.

Come abbiamo accennato, gli episodi raffigurati nella Sala dei Fasti, traggono la loro bellezza dalla maniera di dipingere di Taddeo Zuccari e allievi. Bellezza, alla quale si aggiunge un’altra qualità, quella, dell’estrema ricerca per i dettagli, che rende il momento raffigurato, un bellissimo documento da osservare. Abbiamo a che fare con un genere di pittura che, semplificando, viene definita pittura di storia.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti Farnesiani. Il matrimonio di Ottavio Farnese e di Margherita d'Austria.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Il matrimonio chiaccherato di Ottavio Farnese e di Margherita d’Austria, figlia naturale dell’imperatore Carlo V. 1538 è la data storica reale in cui avvennero le nozze.

Per arrivare a questi dettagli, gli intellettuali del Gran Cardinale misero insieme un lavoro d’équipe, facendo delle ricerche approfondite circa le circostanze degli eventi, il ritratto dei personaggi, (presi a modello dipinti, medaglie, stampe, incisioni) e il cerimoniale. Quante opere famose e quali pittori unici escono fuori, se uno va ad identificare i ritratti con le loro fonti! Signori, si parla di Tiziano, delle famosissime stampe veneziane, delle medaglie e delle incisioni più belle che il Rinascimento Italiano abbia mai creato.

Rimanendo un attimo al discorso dei ritratti al vero che appaiono sugli affreschi della Sala dei Fasti di Caprarola, si rivelano di grande interesse, perché notoriamente, costituiscono una vera e propria galleria di ritratti dell’epoca, il risultato dell’operato degli stessi intellettuali che crearono delle raccolte di effigi di personaggi famosi, a partire dagli imperatori romani. La necessità che promosse l’attività di questa cerchia di intellettuali specializzati, fu dover appunto fornire i ritratti al vero alla corte di Cosimo I de’ Medici per le menzionate Storie della famiglia Medici (1556-1561) al Quartiere di Leone X, e parallelamente alla corte del Gran cardinal Farnese. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. La parete dove si trova il camino.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Sulla parete di fondo, da sinistra a destra: Pierluigi Farnese nominato capitano della Chiesa dal padre, papa Paolo III. In mezzo il ritratto di Enrico II di Francia (figlio di Francesco I). Sulla destra: Orazio Farnese nominato prefetto di Roma da papa Paolo III.

Potevano però le meravigliose scene dipinte modificate, rispetto alla realtà vera? Certo che sì, la narrazione veniva riaggiornata, come sempre, secondo la volontà del committente, mettendo in risalto gli aspetti che aumentassero il suo prestigio. E non vi è alcun dubbio, il Gran Cardinal Farnese amava millantare, ma, in fin dei conti, non era un discendente del rappresentante pro-tempore di Dio in questa terra?

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. L'incontro di Worms.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. L’incontro di Worms, l’evento storico svoltosi nel 1544.

Cambiando argomento, vi domando se avete notato i bei costumi sugli affreschi, specialmente nella scena dei due matrimoni? Ancora una volta, si ha il piacere di osservare dei preziosi dettagli circa le circostanze, stando però alle osservazioni di Elisabetta Gnignera, specialista della storia delle acconciature e del costume medievale e rinascimentale italiano, i costumi, non corrispondono alla moda del periodo in cui avvennero gli episodi storici, risalgono invece agli anni di esecuzione degli affreschi. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. La Guerra ai Luterani.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. La guerra ai Luterani, data storica 1546.

Io so, che tra voi visitatori, qualcuno si accorgerà del fatto che le date degli eventi riportate in latino sopra ogni riquadro, non corrispondono a quelle reali. Ebbene, si suppone, perché si volesse inquadrare l’ascesa della casata in una logica tempistica graduale. 

Quanto l’elaborazione dei temi delle scene rappresentate, è documentato l’operato di Onofrio Panvinio e di Fulvio Orsini, con la collaborazione di Paolo Manuzio per le epigrafi scritte in latino. 

I vostri occhi abituati all’arte, fanno facilmente intuire, che i ritratti di papa Paolo III Farnese, dei figli e dei nipoti, furono mutuati da dipinti di Tiziano, a testimonianza del fatto che i Farnese plasmarono la propria immagine propagandistica attraverso l’arte, alla pari dell’imperatore Carlo V.

Pierluigi Farnese, il figlio prediletto di Paolo III, viene nominato generale dell’esercito pontificio dal padre. La data reale in cui avvenne l’evento 1537.

Andando alla ricerca di ritratti, terreno irto di pericoli e di difficoltà, si consideri che nelle otto scene furono raffigurati i personaggi a cui la famiglia si sentiva legata, sulla cui fedeltà o protezione poteva contare, nell’ottica dell’affermazione dinastica.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Papa Giulio III riconsegna Parma ai Farnese.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei Fasti. Papa Giulio III riconsegna Parma ai Farnese, al Gran cardinal Farnese che consegna a sua volta la stessa città al fratello Ottavio, 1550. Il Gran Cardinal Farnese desiderò ribadire la sua posizione di superiorità rispetto ai fratelli più giovani, facendo dipingere non tanto un evento solenne, che non ebbe mai luogo, ma piuttosto una ricostruzione storica.

Come in altre sale, anche nella Sala dei Fasti, i pittori lasciarono la loro firma, Taddeo Zuccari tramandò il suo autoritratto, e fece il ritratto al fratello Federico, nella scena de L’ingresso a Parigi di Carlo V.

A seguito le otto scene principali sulle pareti:

Pier Luigi Farnese è nominato capitano della Chiesa da papa Paolo III. L’evento avvenuto nel 1537, mentre l’iscrizione in latino riporta la data 1535.

Orazio Farnese è nominato prefetto di Roma da papa Paolo III data reale 1547, iscrizione in latino 1538; la nomina di Ottavio a questa carica avvenne nel 1538.

Incontro di Worms (1544).

Giulio III restituisce Parma ai Farnese (1550).

Ottavio Farnese sposa Margherita d’Austria data reale 1538, iscrizione latina 1539.

Matrimonio di Orazio Farnese con Diana di Valois data reale 1553, iscrizione latina 1552.

La guerra ai Luterani (1546).

L’ingresso a Parigi di Carlo V (1540). 

L’ANTICAMERA DEL CONCILIO (1561-1563 Taddeo Zuccari ed allievi, media tra il salone d’onore e le stanze private del Gran Cardinale): Quale altra decorazione più preziosa, per celebrare la figura ed i fatti salienti del pontificato del nonno papa? Il Gran Cardinal Farnese forse ci metteva anche il cuore nel far ideare un ambiente così meraviglioso per Paolo III, che portò la Casata all’apice del potere. 

Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera del Concilio. Da sinistra a destra: 1) la virtù de La Sicurezza. 2) Paolo III e la tregua di Nizza tra l’imperatore Carlo V e Francesco I di Francia. 3) la virtù de La Pace. 4) La virtù de La Religione. 5) L’apertura del Concilio di Trento 1542. 6) La virtù de La Giustizia.

La volta tempestata di stucchi lavorati ad effetto cammeo, dorature, gli stemmi e dei simboli dei Farnese, ricopre un ambiente quadrangolare entro quattro colonne illusionistiche dipinte dal Vignola, e dalle pareti decorate con fatti salienti del pontificato. Al centro della volta, l’investitura di papa Paolo III. 

Palazzo Farnese di Caprarola. L'Anticamera del Concilio. L'indizione del Concilio di Trento.
Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera del Concilio. L’apertura del Concilio di Trento. 1545.

Le quattro scene delle pareti glorificano il ruolo del pontefice in un periodo storico segnato dalla minaccia espansionistica dei Turchi e da gravi crisi religiose e politiche.

Al tema centrale religioso del secolo XVI, quale risposta la Chiesa Cattolica potesse dare al movimento riformatore dei Protestanti, papa Paolo III indisse il concilio generale, che avrà sede a Trento. Com’è noto, Paolo III è spesso citato come il papa del Concilio di Trento, la cui indizione e apertura vennero affrescate in una scena e di cui, come s’intuisce facilmente, la sala prende il suo nome. 

Palazzo Farnese di Caprarola. L'Anticamera del Concilio. Carlo V rende omaggio a papa Paolo III dopo l'impresa di Tunisi.
Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera del Concilio. L’imperatore Carlo V rende omaggio a papa Paolo III dopo la vittoria di Tunisi. Fa il famoso bacio della pantofola, che si svolse il 5 aprile 1536, nel portico dell’antica Basilica di San Pietro a Roma. La preparazione dell’ingresso solenne di Carlo V segnò l’inizio della realizzazione di un piano urbanistico innovativo di Roma, compresa la costruzione di palazzi e giardini, che portò avanti il nipote, il Gran Cardinale e concluse agli inizi del ‘600, Odoardo Farnese, cardinale.
Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera del Concilio. A sinistra: Carlo V rende omaggio a papa Paolo III dopo la vittoriosa campagna di Tunisi 1535. A destra: papa Paolo III nomina dei cardinali, quattro dei quali diventeranno papi.

Le sei raffinate sculture dipinte sopra le porta, sono tratte di monete antiche della collezione del Gran Cardinal Farnese, e ideate da Annibal Caro e Fulvio Orsini, rappresentano infine le virtù fiorite sotto l’egida di papa Paolo III: la Carità, la Giustizia, la Fede, la Sovranità, la Pace, l’Abbondanza. Tuttavia, esistono delle interpretazioni diverse, che puoi leggere nella didascalia della prima foto. Fu Onofrio Panivinio a curare le scene storiche e le relative iscrizioni. 

 

Palazzo Farnese di Caprarola. L'Anticamera del Concilio. La tregua di Nizza. 1538.
Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera del Concilio. La Tregua di Nizza del 1538 nel conflitto franco-imperiale. Fu il Gran Cardinal Alessandro Farnese a coordinare il viaggio del nonno, papa Paolo III (v. in Patrizia Rosini: Clelia Farnese).
Palazzo Farnese di Caprarola. L'Anticamera del Concilio. L'investitura di papa Paolo III Farnese.
Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera del Concilio. L’investitura di papa Paolo III Farnese.Il Gran Cardinal Farnese (1520-1589), nipote di papa Paolo III (1468-1549), fece raffigurare la scena dell’incoronazione a papa del nonno, al centro della volta, impreziosita di stucchi ad effetto cammeo, dorature, infiniti dettagli. L’investitura avvenne nel 1534, e già l’anno dopo il nipote Alessandro fu nominato cardinale, a soli quattordici anni.

Fu Onofrio Panivinio a curare le scene storiche e le relative iscrizioni. 

Le scene della volta: 

Investitura di Paolo III (1534).

Papa Paolo III ottiene l’unione della flotta imperiale e veneta contro i Turchi (1538).

Paolo III scomunica Enrico VIII d’Inghilterra (1536).

Sottomissione di Perugia dopo la ribellione contro la tassa sul sale (1540).

Paolo III accompagna con preghiere la flotta imperiale che salpa verso Tunisi (1535.)

Le scene sulle pareti:

Omaggio di Carlo V a Paolo III dopo la vittoria di Tunisi (1535)

Paolo III nomina dei cardinali, quattro dei quali destinati a divenire dei papi 

La tregua di Nizza tra Carlo V e Francesco I (1538)

L’apertura del Concilio di Trento 1545. 

LA CAMERA DELL’AURORA, o La Sala del Sonno, dipinta tra il 1563 e il 1565 da Taddeo Zuccari e aiuti. Qui dovremmo sdraiarci tutti sulla schiena, per ammirare la volta, come aveva il privilegio di fare il Gran Cardinale, dal suo letto! Sì, perché quest’ambiente era la camera da letto  dell’appartamento d’estate del Cardinal Farnese, che suscitava l’ammirazione già dei contemporanei, come sappiamo dal Vasari. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dell'Aurora. La volta.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dell’Aurora o del Sonno, era la camera da letto estivo del Gran Cardinale. Nella volta una delle pitture illusive più ammirate già dai contemporanei, come lo sappiamo dal Vasari.

Una loggia ovale dipinta in 3D, che sfonda sul cielo della Notte e dell’Aurora, da una complessità ottica che fu realizzata per corrispondere ai requisiti volti da Annibal Caro al pittore in una lettera. “Vi si debbano fare cose convenienti al luogo, e fuor dell’ordinario, così quanto all’invenzione, come quanto all’artifizio.” La finta loggia, crea l’illusione ottica, come se le pareti della stanza fossero più alte di quanto non lo siano nella realtà. 

Dalle minuziose istruzioni del Caro si viene inoltre a sapere, che il cardinal Farnese dormiva con i piedi verso la parete, dove venne dipinto nella volta il Carro della Notte, mentre la testa doveva essere nella direzione della finestra, dove si vede il Carro dell’Aurora. I colori scuri dovettero essere usati dal carro della Notte verso l’Aurora, fino a metà del dipinto. Da quel punto, l’effetto della luce nascente illuminava i dettagli delle figure, ed i colori, e dando loro un rilievo crescente.  

Oltre il Carro della Notte e dell’Aurora, vi è anche il Carro della Luna, poi Hermes identificabile dal casco e il caduceo alati. Al centro la figura del Crepuscolo alato anche lui, che spegne la fiaccola della notte e accende quella dell’Aurora. 

E come la mettiamo con la paternità dell’invenzione della finta loggia? Bene, si capta al primo sguardo, che vi è un uso prevalente dell’elemento architettonico nell’affresco della volta. L’architettura dipinta, è un tipo di pittura che rientrava nelle esperienze di Taddeo Zuccari? Sicuramente fino al momento della realizzazione degli affreschi della Sala dell’Aurora no (e nemmeno del fratello Federico), tant’è vero, che Taddeo affidava le pitture illusionistiche ad Antenore Ridolfi.    

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dell'Aurora. La volta.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Sonno o dell’Aurora. E’ la prima di una successione di stanze private dell’appartamento d’estate del Gran Cardinale.

Gli addetti ai lavori spiegano, che l’elemento architettonico della volta della Sala dell’Aurora riflette delle conoscenze tecniche più aggiornate, rispetto alle griglie modellate in stucco dei fratelli Zuccari. Le aggiornate tecniche potevano benissimo provenire dagli studi nuovi condotti in quegli anni dal Vignola, che intendeva pubblicarli nel trattato “Le belle regole della Prospettiva” destinato ad uso dei pittori. 

Ebbene, si pensa, che fosse proprio il Vignola a dare la prima forma a quelle sue regole, proprio nella Stanza del Sonno di Caprarola, di cui si ritiene, che abbia captato le influenze dal Palazzo Tè di Giulio Romano, e non solo. Si ricorda inoltre, che l’Emilia dalla metà del secolo XVI era il centro dove si svilupparono delle nuove ricerche sulla Prospettiva. 

Una domanda che viene spesso fatta dai visitatori in questa stanza, come mai le pareti non sono affrescate? E così succede anche in altre stanze private del Piano Nobile. Perché ai tempi del Gran cardinal Farnese erano ricoperti di seta e di cuoio, venduti in un secondo tempo all’asta, dai Farnese.

Com’è di regola, anche in questa sala, il tema mitologico-allegorico scelto si aggancia strettamente alla funzione dell’ambiente, che, come abbiamo detto, era la camera da letto estiva del Gran Cardinale, nonché la prima del susseguirsi di stanze private. 

Ed ecco, che il tema mitologico permette l’inserimento del profano, del filone neoplatonico caro al Gran Cardinale, che espone alla vista e all’intelletto queste conoscenze erudite, parallelamente al Sacro, in vari punti del palazzo. Poi vi spiegherò.

Quanto alla pittura illusionistica, si ricordano alcune tappe importanti precedenti all’esperienza della Sala dell’Aurora di Caprarola: Mantegna, Camera degli Sposi a Mantova Palazzo Ducale 1465-1474; Peruzzi Sala della Prospettive 1516-1517; Giulio Romano Palazzo Tè Mantova realizzazione degli affreschi della Caduta dei Giganti 1532-1535. 

LA STANZA DEI LANIFICI: 1563-1565. L’opera pittorica è di Taddeo Zuccari e aiuti. Con ogni probabilità è uno spogliatoio del Gran Cardinale, che non può che suscitare meraviglia! La sofistica decorazione alla quali il Gran Cardinale ci ha fatto abituare fin qui, o viziava a se stesso fate voi, non viene a meno nemmeno in questa stanza, e rimarrà un costante fino alla fine del percorso.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei Lanifici.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei Lanifici. Atena, per punizione, trasforma Aracne in ragno. Si dice, era l’unica volta che la saggia Atena perdesse il controllo di sè, dando sfogo ad una incontrollata invidia. Attraverso la finestra s’intravvede l’Olimpo.

I temi scelti per le rappresentazioni principali sono coerenti con l’argomento del vestirsi, della sua storia mitologica, dalle materie usate, fino all’arte della filatura, la tessitura, la colorazione dei tessuti, la realizzazione degli abiti. 

Particolarmente adatto a quest’ambiente l’episodio della scoperta della porpora, da parte di Ercole, in consonanza con la porpora cardinalizia che dovette abbondare nel vestire del Gran cardinal Farnese. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei lanifici.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei lanifici. Pan offre cesti di lana a suon di flauto alla ninfa Siringa.

Dice la leggenda, che il cane di Ercole, giocando sulla spiaggia della Fenicia, aprì delle conchiglie dalle quali fuoruscì un liquido rosso. Jole, la giovane di Tiro di cui Ercole si era innamorato, chiese all’eroe di procurare tale liquido per cui egli è ritenuto l’inventore della porpora. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei lanifici.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei lanifici. La scoperta della porpora da parte di Ercole e Jole.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei lanifici. Aracne sfida Atena nell'arte della tessitura.
Palazzo Farnese di Caprarola. La sala dei lanifici. Aracne sfida Atena nell’arte della tessitura.

Quanto al programma iconografico, tradizionalmente si ritiene se ne occupò Annibal Caro, non è da escludere il coinvolgimento di Fulvio Orsini, grande conoscitore delle leggende di Ercole. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei lanifici. Particolare.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei lanifici.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei lanifici. Aracne sfida Atena nell’arte di tessere.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei lanifici.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala dei lanifici. I cinesi raccolgono le more di gelso per estrarre la seta.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei lanifici.
Palazzo Farnese di Caprarola. La sala dei lanifici. Ercole e Jole con il primo abito di porpora.

Le scene rappresentate sono nove, tutte tratte dalla mitologia:

Minerva, alla cui statua vengono offerti sacrifici, dà i primi abiti agli uomini. 

La leggenda di Ercole che stando con la sua amica Jole, trova sulla spiaggia fenicia la conchiglia della porpora. 

Ercole e Jole con la prima veste color porpora. 

Aracne sfida Minerva nell’arte di tessere. 

Aracne tramutata in ragno da Minerva.

I popoli della Scizia raccolgono materie filamentose dagli alberi per tessere la tela.

Pan che tenta sedurre la ninfa Siringa con cesti di lana a suon di musica. 

I Seri o Cinesi che raccolgono le more di gelso da cui estrarre la seta. 

Le Grazie con Cupido. 

LA STANZA DELLA SOLITUDINE O DEI FILOSOFI: dopo la Stanza dei lanifici, dove la contemplazione si limitava ad un aspetto esteriore, quale i vestiti e la storia della loro produzione, si ritrova catapultati nella sfera della solitudine, della contemplazione interiore, dell’elevazione della mente. E’ un programma decorativo sofisticato, che coinvolge la religione, la filosofia, l’erudizione, elaborato su indicazione di Onofrio Panvinio, il frate agostino esperto nella storia ecclesiastica, da Annibal Caro. Così lo testimonia la lettera del Caro indirizzato a Panvinio, del 15 maggio del 1565, per discutere “le invenzioni per dipingere lo studio del Monsignor Illustrissimo Farnese.” La Stanza fu affrescata probabilmente tra il 1565-1566 da Taddeo Zuccari e bottega. 

Nei due grandi riquadri principali della volta sono contrapposti: 1) il Cristo predicatore con San Giovanni Battista e San Paolo, che escono dal deserto, per portare il messaggio della conversione ai Gentili ossia ai pagani.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della solitudine o dei filosofi. Cristo predicatore esce dal deserto, con ai suoi lati San Giovanni Battista e San Paolo.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala della solitudine o dei filosofi. Cristo predicante esce dal deserto, ai lati San Giovanni Battista identificabile dalla croce di verghe e San Paolo con il libro che allude ai suoi numerosi scritti. Possibile riferimento al passagio dal vizio alla virtù e all’Accademia Fiorentina dei neoplatonici. Quali? Ve lo svelerò sul posto.

2) Nel riquadro contrapposto vengono rappresentati i Platonici che volgono le spalle e vanno a meditare nel deserto. Uno di loro si cava gli occhi per non essere distratto dall’oggetto della sua speculazione. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della solitudine e dei filosofi. I Platonici girano le spalle al mondo e entrano nel deserto.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala della Solitudine o dei filosofi. I Platonici che girano le spalle al mondo e entrano nel deserto.

Attraverso i personaggi, i primi Cristiani ed i pagani tra loro anche i filosofi, e le loro storie si ricostruisce la ricerca universale tesa ad acquisire le conoscenze ultime. Per tale scopo virtuoso viene elogiata la solitudine che tuttavia viene divisa in tre gruppi: la solitudine dei Cristiani, dei pagani e tra questi ultimi anche i filosofi.  

I personaggi raffigurati tra quelli maggiori e minori sono ben venti, i simboli nelle loro varie forme quali animali e forme geometriche vanno a completare la storia delle conoscenze del mondo greco, latino, Cristiano, e dell’ambiente Fiorentino del neoplatonismo di Ficino.  

Questi temi, che riassumono la contemplazione, ben si agganciano, oltre ai riferimenti simbolici insiti nelle figure dei Cristiani, anche ad altre figure minori, incluse quelle geometriche, per esempio l’ottagono indica la simbologia della resurrezione, o di animali, come il pellicano simbolo del sacrificio di sè. 

Nei riquadri minori vengono raffigurati i personaggi che hanno praticato o celebrato, o avevano a che fare con la solitudine, poeti, filosofi, eremiti, e sovrani. Le iscrizioni su cartigli o tavole accompagnano, identificano ed esemplificano gli stessi personaggi. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della solitudine o dei filosofi. Entro un ottagono, Aristotele con il motto ANIMA/FIT/SEDENDO ET/QVIESCENDO/PRUDENTIOR – Fermandosi e riposando l’anima diviene più saggia.

Ad esempio, il ritratto di Carlo V rappresentato entro un ottagono, viene accompagnato dall’iscrizione seguente: POST INNUMEROS/ LABORES OCIOSAM/QVIETAM. VITAM/TRADUXIT (“dopo innumerevoli fatiche si diede ad una vita libera da impegni e quieta). 

Seneca, dipinto in un ovale col motto: AGUNT/QVI/NIHIL/AGERE/VIDENTUR  (“fanno di più coloro che sembra non facciano nulla). 

Entro un ottagono Aristotele con ANIMA FIT/SEDENDO ET/QVIESCENDO/PRUDENTIOR (“fermandosi e riposando l’anima diviene più saggia). 

In un ovale Menandro con una maschera teatrale, e con il motto VIRTUTIS/ET LIBERAE VITAE/MAGISTRA OPTIMA/SOLITUDO (“ la solitudine è ottima maestra della virtù e della vita libera”). 

Entro un ottagono Catone, il suo motto QVEMADMODUM/NEGOTII SIC/ET OTII/RATIO/HABENDA (“allo stesso modo che per l’attività bisogna avere una ragione per l’inattività”). 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza delle solitudine o dei filosofi. Entro un ottagono Catone, con il motto QVEMADOMUM/NEGOTII SIC/ET OTII/RATIO/HABENDA – Allo stesso modo che per l’attività, bisogna avere una ragione per l’inattività.

In un ovale, Cicerone con il motto OTIUM/CVM/DIGNITATE/NEGOTIUM/SINE/PERICVLO (“l’ozio con dignità, attività senza pericolo”). 

Infine in un ovale Euripide con il motto QUI AGIT PLURIMA PLURIMUM PECCAT (“chi f sa moltissime cose sbaglia moltissimo”). 

Entro un ottagono un sultano, identificato con Solimano il Magnifico dal Vasari, che parla del “ritratto del Gran Turco ultimo”, con il motto ANIMUM A NEGOCIO/AD OTIUM REVOCAVIT (“dall’attività volse l’animo all’ozio”).  

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della solitudine o dei filosofi. Entro un ottagono il ritratto di un sultano, secondo la descrizione del Vasari “del Gran Turco ultimo”, forse Solimano il Magnifico. Il motto, che non si vede sulla foto ANUMUM A NEGOCIO/ AD OTIUM REVOCAVIT – Dall’attività volse l’animo all’ozio.

Nei vani più piccoli, che non erano adatti a farci delle figure umane, vennero rappresentati degli animali, alcuni solitari, altri dal significato simbolico, altri ancora rimandano alla contemplazione e all’elevazione della mente. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della solitudine o dei filosofi. L’elefante con la proboscide verso la luna – secondo un’interpretazione è simbolo dell’osservazione e dell’elevazione della mente.

IL GABINETTO DELL’ERMATENA: Fu dipinto nel 1566 dal Federico Zuccari e bottega. Un ambiente di ridotte dimensioni, ma denso di contenuti simbolici negli affreschi, di cui si ritiene fosse lo studiolo del bibliotecario al servizio del Gran Cardinale, Fulvio Orsini. 

Nella volta, l’immagine quasi scioccante di Atena e di Ermes, raffigurati in un solo corpo, che rappresenta la fusione tra l’intelligenza (Atena) e l’eloquenza (Ermes) in un essere androgino.

Questa stessa immagine veniva spesso scelta dagli ambienti umanistici, sull’esempio di Cicerone che per primo l’aveva posta come simbolo per la propria Accademia.

Così, come l’immagine fu scelta dall’Accademia Bocconiana di Bologna, la prestigiosa istituzione umanistica di cui il Gran Cardinal Farnese era protettore, e ancor prima di lui lo era il suo nonno, papa Paolo III. 

L’emblema dell’Accademia non è l’unica allusione presente in questa stanza, che porta nel campo delle conoscenze ermetiche e alchimiche. Poi, ve lo spiegherò sul posto.

Palazzo Farnese di Caprarola. Il Gabinetto dell'Ermatena.
Palazzo Farnese di Caprarola. Il Gabinetto dell’Ermatena. Nella volta Ermes e Atena raffigurati in un solo corpo, rappresentando la fusione tra l’eloquenza (Ermes) e la saggezza (Atena).

Ermes raffigurato come un giovane, con il copricapo e il caduceo alati, al suo piede la tartaruga, di cui guscio costruì la lira che unisce la terra al cielo, alludendo all’episodio in cui Ermes che aveva rubato i buoi da Apollo. Far vibrare la lira avrebbe significato, far vibrare il mondo ed attraverso le nozze cosmiche far fecondare la terra dal cielo.  

Atena, con al suo piede lo scudo lucidissimo con la spaventosa testa di Medusa, la Gorgone che pietrifica con lo sguardo, e la civetta, uno degli animali a lei sacri. 

Sebbene fosse la divinità della guerra, Atena si dimostra sempre pacificatrice, personifica la saggezza e la prudenza, dea dell’intelligenza, che protegge le opere di pace, dell’agricoltura, dell’industria. Le viene attribuita la invenzione dei numeri, dei carri, delle macchine, della navigazione, era inoltre protettrice dei tribunali. 

Negli angoli a sinistra della volta, sono raffigurati gli oggetti attribuiti alle invenzioni di Ermes: i pesi, le misure, il commercio, l’alfabeto greco, la musica, il pugilato. Negli angoli di destra, le invenzioni di Atena: la matematica, la navigazione, il flauto, la filatura, la coltivazione dell’olivo. 

Nei riquadri dei paesaggi con rovine antiche è riconoscibile il Serapeo di Villa Adriana, mentre un’immagine ritrae l’episodio di Odisseo con le sirene, fonte di desiderio di conoscenza. 

IL TORRIONE: Costituisce il punto di forza della fortificazione militare, ma anche il punto più avanzato del pensiero filosofico, teso a captare la struttura e gli elementi dell’universo (macrocosmo), e il posto dell’uomo (microcosmo) nel cosmo. 

Com’è noto, è dal mondo greco che proveniva questa ricerca dell’uomo dell’umanesimo, dalla geometria di Euclide, dai quattro elementi di Empedocle, da Pitagora che include nella forma geometrica del pentagono regolare il quinto elemento: “l’anima-respiro, il soffio vitale”, l’essenza dell’uomo. La ricerca di Pitagora, stabilisce anche il concetto della proporzione aurea, l’ideale di ordine, armonia e proporzione tra l’uomo e il cosmo, regolati dai numeri e dalla geometria. 

Il pentagono regolare è denso di simbologie mediate tra i pensieri di Pitagora e di Platone, che durò attraverso il medioevo, con una breve interruzione, fino nel cuore del Rinascimento, con i neo-platonici di Lorenzo il Magnifico, che diffusero l’idea di bellezza, amore, armonia (le note musicali). 

Quanto riguarda la purificazione dell’anima, una questione fondamentale anche per i neoplatonici, per Pitagora ciò avveniva mediante la matematica e la geometria e la musica, perché l’essenza delle cose sta nei numeri e nei rapporti matematici. 

LA STANZA DEL TORRIONE: è ricavata nella punta del pentagono, che raccorda i due appartamenti, ed è la zona più intima e più lontana dagli ambienti pubblici e di rappresentanza. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La stanza del Torrione.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza del Torrione. Soffitto in cedro del libano, con al centro lo stemma del Gran Cardinal Alessandro e quattro emblemi di Casa Farnese (due sulla foto). Sulla destra Pegaso con significato dell’eloquenza e della poesia, con il motto tradotto dal greco “dono del giorno” in allusione della protezione del Gran Cardinale verso i letterati. Sulla sinistra tre gigli l’arcobaleno, con il motto Giglio di Giusitizia, il cui significato non è del tutto chiarito. La Stanza del torrione, detta anche la camera della torre, vide anche la tanto sofferta firma Clelia Farnese, la figlia del Gran Cardinale, della rinuncia al proprio figlio, Giuliano Pio di Savoia (7 settembre 1587). V. in Patrizia Rosini: Clelia Farnese.

L’ambiente fu celebrato dai contemporanei, come, sacro alle Muse e alle Arti, perciò la sua funzione poteva benissimo essere legata alla fruizione estetica e alle attività intellettuali.  

E’ facile immaginare la Stanza del Torrione con i preziosi oggetti che notoriamente formarono la collezione del Gran cardinal Farnese, mentre è più probabile, che i libri, la biblioteca trovasse posto nella stanza del piano superiore nello stesso Torrione. (Mentre la terza stanza del Torrione che si trova al pianterreno, adibita a stanza da bagno del Gran cardinal Alessandro).

Possiamo dire, che la Stanza del Torrione con la attigua Stanza o Gabinetto dell’Ermatena, ovvero uno studiolo, costituisce una concentrazione delle attività intellettuali, nella punta della pianta pentagonale. 

Come abbiamo detto, sotto la voce de Il torrione, proprio nella punta del pentagono, si convergono sia le forze dell’architettura militare, sia del pensiero filosofico teso a conoscere l’universo e dentro, l’uomo, sia i significati platonici del palazzo, voluti dal Gran cardinal Farnese. 

Vi è in questa stanza, un profumo delicato, che mira a soddisfare il senso dell’olfatto: proviene dal soffitto a cassettoni in cedro del Libano, un legno leggero e resistente, tanto che il soffitto è ancora quello originale. 

Il soffitto a cassettoni mostri delle analogie con alcuni soffitti del Palazzo Farnese di Roma, e che venne realizzato nel 1579 da “maestro Marco da Caprarola falegname”.

Il fregio dipinto sulla parete con paesaggi inquadrati agli angoli da unicorni araldici rampanti, è un’espressione artistica di tipo fiammingo, da attribuire forse ad Antonio Tempesta. 

IL CORRIDOIO CON I NODI LEONARIDANI: Seguendo il percorso, si torna indietro nel Gabinetto dell’Ermatena, da dove si apre un corridoio, molto speciale, perché la volta raffigura un pergolato identico a quello che dipinse Leonardo nel Castello Sforzesco a Milano. 

Palazzo Farnese di Caprarola. Sì, non è il Castello Sforzesco di Milano con un dipinto di Leonardo da Vinci. Vi trovate sotto una pergola molto speciale, dove fu utilizzato una buona quantità di oro per la decorazione.

Anche il Gran Cardinal Farnese fece dipingere i famosi nodi leonardiani nel suo corridoio, dove viene utilizzato l’oro, e similmente, le pareti richiamano con il color giallo lo stesso metallo, oltre le pietre preziose dipinte. Dove conduce di preciso questo corridoio? Ve lo svelerò sul posto.

LA STANZA DELLA PENITENZA: 1569-1571. A questo punto delle opere pittoriche, ci fu un cambio di mano, perché a Federico Zuccari subentrò un suo rivale, Jacopo Zanguidi detto il Bertoja. Fu lui ad affrescare questa stanza con i collaboratori, che apre la sequenza dell’appartamento d’inverno, le scene maggiori in un brulicare di insolite e fantasiose greche, stucchi dorati, ed emblemi Farnesiani. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della penitenza. La volta con la Croce di Cristo sorretta da angeli.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della penitenza. Nella volta la Croce di Cristo con la corona di spine, accompaganta dal motto:“Oh, legno beato sul quale Cristo ha sofferto il martirio” (tratto dal greco storico della Chiesa, Sozomenio).

Dopo la morte di Onofrio Panvinio (1568), il Gran Cardinal Farnese chiamò il cardinal Guglielmo Sirleto, specialista della storia della Chiesa, ad occuparsi dei programmi iconografici delle stanze d’inverno. 

Il Gran Cardinal Farnese desiderò proseguire con il tema meditativo, iniziato nella Stanza della solitudine, dove i soggetti erano tratti dalla storia-mitologica. Nella Stanza della penitenza invece, che è speculare a quella della Solitudine, lo spirito meditativo richiama esclusivamente l’aspetto religioso. 

Si poteva aspettarsi diversamente da un cardinale, per giunta, nipote diretto del papa del Concilio di Trento? 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della Penitenza. Sant'Antonio abate.
Nel riquadro Sant’Antonio abate, con sopra il motto in latino: “Antonio exi et vide” – Antonio, esci e guarda! Tradotto in immagine dal Bertoja nell’eremita che esce (dalla caverna) fissando con lo sguardo i putti che volano verso il cielo, ma alcuni di loro vengono impediti nell’ascendere perché abbattuti da una persona mostruosa. Quest’episodio fu preso secondo il cardinal Sirleto, dalla vita di Sant’Antonio eremita di Anastasio e “rappresenta la visione di anime alcune delle quali impedite da questa persona”.

Difatti, le raffigurazioni sono concepite secondo i criteri Tridentini, che esemplificano le virtù cristiane, come la contemplazione, la meditazione, la penitenza, il digiuno, la preghiera, la mortificazione della carne, attraverso le figure di eremiti, monaci, anacoreti. 

Al centro della volta la Croce di Cristo con la corona di spine e sorretta da angeli, con il motto “Oh, legno beato sul quale Cristo ha sofferto il martirio” (tratto dal greco storico della Chiesa, Sozomenio). 

Ecco quale spiegazione dà circa l’immagine della Croce, il cardinal Guglielmo Sirleto (ricordo, colui, che curò il programma iconografico della stanza): “…come quella che si han proposta tutti quelli che han fatto vita solitaria perché la vita monastica come eremitica non era altro che la professione di abnegare se stesso et portar la croce di Christo”. 

La Redenzione Cristiana rappresentata dalla Croce di Cristo nella volta, costituiva il punto focale per i quattro santi raggruppati intorno, nei quattro grandi riquadri: San Paolo il primo eremita, Sant’Antonio abate, San Macario, San Pambone, accompagnati da motti. 

L’altra serie di santi, rappresentati negli otto ovali minori, anche loro accompagnati da motti, vengono interpretati, come coloro i quali, che ribadiscono la dissociazione dell’anima dalla vita e dai beni mondani, anche dello stesso corpo, a beneficio dell’anima.  

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della Penitenza. Grottesche ed emblemi Farnesiani.

Quanto alla funzione della Stanza della Penitenza, alcuni storici dell’arte, come il Faldi (1962), suggeriva che l’ambiente fosse una Sala da pranzo, dove le immagini rappresentate dovevano esortare alla moderazione e alla frugalità. 

Mentre altre fonti, (come Gombrich, 1972, in A. Witte: The artful Hermitage 2008) mettendo in relazione i soggetti rappresentati e lo stesso vano, menziona un ruolo tipo studiolo o una funzione di tipo religioso, per questa stanza. 

Ricordo brevemente, che la rappresentazione principale della stanza, ovvero la Croce di Cristo come abbiamo visto, potrebbe benissimo esprimere la reinterpretazione della vocazione del martirio che aveva caratterizzato la Chiesa primitiva e che fu posta nuovamente come modello dalla Riforma cattolica. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della Penitenza. Sant'Arsenio.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza della Penitenza. Sant’Arsenio cenobita, nell’ovale, che medita sull’ora della morte contemplando un teschio.

Infine, viene ricordato, sempre da A. Witte nella stessa pubblicazione menzionata sopra, che il tema della Stanza della Penitenza verrà ripresa dal nipote del Gran Cardinal Farnese, Odoardo cardinale anche lui, per il Camerino degli Eremiti al Palazzo Farnese di Roma, dipinto da Annibale Carracci. 

LA STANZA DEI GIUDIZI: 1569-1571, dipinta dal Bertoja. Si pensa che in questa stanza il Gran cardinal Alessandro Farnese concedesse le udienze, per il fatto, che l’ambiente comunica con l’esterno, con i Giardini, e che permettesse l’affluenza delle persone senza recare disturbo nelle altre stanze del palazzo. 

Ma, sono soprattutto le decorazioni a supportare quest’idea, perché connesse con la giustizia e la saggezza divine necessarie per governare. Al centro della volta il tradizionale Giudizio di Salomone. 

La presenza dello stemma Farnesiano può essere un chiaro motivo celebrativo della giustizia amministrata dai Farnese, nel pieno rispetto delle leggi di Dio. 

LA SALA DEL MAPPAMONDO: 1573-1575. E’ uno straordinario salone di rappresentanza, celebre per le rappresentazioni astronomiche (nella volta) e geografiche (sulle pareti), dove domina l’azzurro e l’oro utilizzato anche in questa sala. Sarà vero? Dice la tradizione, che si tratti dell’oro donato dall’imperatore Carlo V al papa Paolo III Farnese, il nonno del Gran cardinal Alessandro, proveniente dalle Americhe.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. Il Globo Terraqueo conosciuto fino al 1574.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. Parete di fondo: il Globo Terracqueo con le Terre conosciute fino la 1574. Negli quattro angoli la personificazione dei continenti, nelle sembianze di quattro matrone. Sopra, nell’imposta della volta, uno dei simboli dei dodici segni zodiacali tratti dalla mitologia.

Che cosa poteva essere la vera funzione di questa sala? Personalmente, mi piace immaginare il Gran cardinal Alessandro Farnese con i suoi consiglieri, davanti alle mappe riaggiornate alle nuove conoscenze acquisite con le esplorazioni e le scoperte del Nuovo Mondo, a tessere i fili delle tattiche da prendere per difesa contro i Turco, a studiare le vie del commercio, ad orientarsi nella diffusione della religione cattolica nel mondo. 

Comunque, i dettagli sono tantissimi anche in questa sala, oltre le conoscenze astronomiche e geografiche, si scoprono vari significati religiosi, politici, filosofici, oltre che autocelebrativi nel salone, attraverso i dettagli minori ma significativi, di una qualità di esecuzione che rendono la Sala del Mappamondo famoso a livello internazionale. 

Quanto al programma decorativo, sappiamo che fu elaborato da Orazio Trigini de’ Marij, che era presentato al cardinale dall’amico Fulvio Orsini, che poteva aver collaborato con lui. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. L'Asia.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. L’Asia.

L’esecutore delle carte geografiche fu probabilmente Giovanni Antonio da Varese, detto il Vanosino, specialista in restituzioni cartografiche e dipinse anche la Cosmografia nella Terza Loggia dei palazzi Vaticani, per papa Gregorio XIII. 

A proposito, sappiamo, che nella Sala del Mappamondo fu accolto nel 1578 Gregorio XIII per un banchetto, e lo stesso papa commissionò poco dopo la Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano. Chissà, se per la meraviglia vissuta a Caprarola? Non è da escludere, anche se, forse nessun documento potrà mai svelarlo.  

LA VOLTA rappresenta la mappa del cielo, con cinquantuno costellazioni e le figure mitologiche a loro associate, con una cura scientifica, con le linee di orientamento, proiezione dei cerchi della sfera celeste (equatore, eclittica, tropici e cloruri). Il cielo è proiettato sul solstizio d’inverno. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. La volta celeste.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. La volta celeste cosparsa di stelle dorate, con cinquantun costellazioni rappresentate con figure mitologiche, con la via lattea che viene alimentat dalle fiamme dell’altare rovesciato. Sulla sinistra la nave Argo, qui simbolo Farnesiano, che affronta l’oceano dei pericoli che minacciano la casata. Sulla destra la caduta di Fetonte. Il globo celeste viene rappresentato con le stesse coordinate utilizzate per il planisfero, la proiezione della sfera su piano avviene sull’asse del solstizio invernale che taglia a metà in senso verticale tutto l’affresco. La linea della sinusoide indica il movimento del sole durante l’anno. Il Giglio Farnesiano, simbolo del potere della casata, portato sulle vette della Chiesa e proiettato in una dimensione universale.

Per i dipinti dei lunettoni delle pareti, che raccontano l’origine mitologica dei dodici segni zodiacali, si devono a Giovanni de’ Vecchi, Raffaellino da Reggio, ed i loro numerosi collaboratori. 

Sulla PARETE DI FONDO, fu dipinto il planisfero, di bellissimo color azzurro che all’epoca doveva essere più scuro, blu, lascia vedere dei preziosi particolari, come per esempio, il passaggio delle caravelle tra l’Europa e le Americhe. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. Le Americhe.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. Le Americhe. Sulle mappe della Sala vengono rappresentate anche le scoperte e le esplorazioni geografiche dell’epoca. Le coordinate del planisfero, i contorni, i rilievi, vennero dipinti con l’uso dell’oro.

Sulle PARETI LUNGHE, vennero distribuite le quattro continenti noti all’epoca, mentre sulla parete opposto al Planisfero divisa dalla porta che conduce alla Stanza dell’Eco, è dedicata alle terre d’origine del Cristianesimo e della Chiesa, Giudea e l’Italia. 

Le mappe sono corredate da una scala in miglia, dipinta in oro, come il tracciato dei fiumi, delle coste. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. L'Africa.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Sala del Mappamondo. L’Africa.

L’ANTICAMERA DEGLI ANGELI: 1572-1575. Si potrebbe chiamare quest’ambiente anche la Stanza dell’eco, se volessimo dare più peso all’aspetto divertente, invece del tema proposto negli affreschi, che è il trionfo del bene sul male. 

Sì, perché, esiste un curioso effetto d’eco che si crea in punti precisi nella stanza, che aveva lo scopo di stupire gli ospiti. Non si ha però nessun documento che ci dica l’uso preciso al quale fu adibito l’Anticamera degli angeli. 

I protagonisti della stanza sono gli angeli che vengono rappresentati in quanto strumenti della potenza e della giustizia di Dio. 

La volta sfonda, attraverso la pittura illusionistica del Bertoja, verso il cielo, dove viene rappresentato l’episodio della Caduta degli angeli ribelli, in una scena apocalittica che si svolge in mezzo alle nuvole, ed è questa la scena principale che costituisce il filo conduttore delle rappresentazioni della stanza, con il significato del trionfo del bene sul male. 

Palazzo Farnese di Caprarola. L'Anticamera degli angeli. La volta con l'episodio della caduta degli angeli ribelli.
Palazzo Farnese di Caprarola. L’Anticamera degli angeli. La volta. La pittura illusionistica del Bertoja sfonda verso il cielo con la scena apocalittica della Caduta degli angeli ribelli. Sulla destra san Michele arcangelo che vince Lucifero. In basso il volto con le orecchie di asino è la firma, in forma di autoritratto, del Bertoja.

Su una delle nuvole il Bertoja lasciò la sua firma, in forma di autoritratto: il suo sguardo fissa l’osservatore, gli orecchi come quelli di un asino. Perché questo curioso modo di auto-raffigurarsi? 

Il Bertoja invia un messaggio chiaro, di risposta, al suo rivale, il pittore Federico Zuccari che venne licenziato nell’estate del 1569 dal Gran Cardinale e al suo posto assunse il Bertoja. Federico, nella sua ira e nel suo sentimento di essere incompreso, disegnò e poi dipinse e diede alla stampa, l’antica storia di Calunnia di Apelle, (v. www.catalogo.beniculturali.it Calunnia di Apelle, Federico Zuccari ca. 1557, stampa), in cui il protagonista fu ingiustamente calunniato da calunniatori, presso il re egiziano Tolomeo. Federico Zuccari in realtà si rivolse al Farnese nella sua opera, che invece prese in ridere, come scrive la storica dell’arte Luchinat, nei suoi volumi, Taddeo e Federico Zuccari, il fratelli pittori del Cinquecento.

Negli episodi dipinti sulle pareti e nei lunettoni, vengono tratti dal Vecchio Testamento, dove gli angeli annunciano o eseguono la volontà di Dio che considera in modo benevolo i giusti, in modo sdegnoso gli empi.

Questo programma iconografico si addice ai nuovi dettami Tridentini, i cui promotore, ricordiamo di nuovo, era il nonno del Gran cardinal Alessandro Farnese, papa Paolo III.

Come dire, le dottrine e i concetti spirituali della Chiesa cattolica tridentina trionfano, nella delicata questione religiosa del secolo XVI contro i protestanti che invece affermavano la dottrina della giustificazione per fede. 

In questo senso il contenuto dell’Anticamera degli Angeli si riaggancia all’Anticamera del Concilio di Trento, dedicata al papa Paolo III dove venivano celebrati i trionfi della Chiesa, sul piano politico e temporale. 

I pittori che realizzarono gli affreschi erano: Jacopo Zanguidi detto il Bertoja (volta e lunettoni). Giovanni de’ Vecchi con la collaborazione di Raffaellino Motta da Regio completarono, quanto lasciò il Bertoja alla sua morte.

LA CAMERA DEI SOGNI: Jacopo Zanguidi detto il Bertoja. 1569-1571. Addormentarsi nella camera da letto invernale del Gran Cardinal Farnese, è una esperienza che non potremo mai fare, osservare come la luce illuminasse il brulicare degli esseri fantasiosi dell’ovale della volta. Il bellissimo fregio a monocromo che circonda l’ovale centrale, i colori cangianti dalle tinte pastello, l’eleganza delle figure in movimento, aumenta il pregio delle opere di affresco della stanza.

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei sogni. La volta con il sogno di Giacobbe.
Palazzo Farnese di Caprarola. La stanza dei sogni. La volta con il sogno di Giacobbe. Mi verrebbe da dire, una volta da sogno…il bellissimo fregio del Bertoja non può che affascinare.

Il disegno molto simile a quella dell’altra camera da letto, estiva (dell’Aurora), speculare a quest’ambiente, tuttavia i soggetti, ugualmente relativi al sonno e ai sogni, qui sono tratti dalle sacre scritture, anziché dalla mitologia classica. 

Così, come avvenne per i soggetti rappresentati in tutto l’appartamento d’inverno, tratti dall’Antico Testamento, conformemente con il carattere controriformato delle raffigurazioni, tutte a soggetti biblici. 

Chissà, se la scena principale del Sogno di Giacobbe nella volta, poteva voler alludere alla benedizione di Dio sui Farnese e sui loro discendenti? Difatti, dopo il nonno, il Gran Cardinal Farnese non cessava di portare avanti le opere a Roma, e di commissionarne delle nuove.

Alcune delle scene rappresentate raccontano dei sogni, altre degli episodi avvenuti durante il sonno dei personaggi, a volte i sogni si rivelano premonitori, altre volte richiedono l’intervento di interpreti. Le scene sembrano focalizzarsi sull’educazione morale. 

Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei sogni. Il padre eterno fa nascere Eva da una costola di Adamo, mentre questi sta dormendo.
Palazzo Farnese di Caprarola. La Stanza dei sogni. Il Signore fa nascere Eva da una costola di Adamo, mentre questi sta dormendo.

Apro una parentesi, che non ha nulla a che vedere con l’arte, ma come si sa, a noi guide vengono spesso poste delle domande, molto pratiche che riguardano la vita quotidiana che si svolse al palazzo. Ecco una delle domande più ricorrenti: Dove si trovava il gabinetto del Gran cardinal Farnese? Lo dico qui, anche se la domanda viene pronunciata di solito nel Gabinetto dell’Ermatena.  Perché proprio da questa camera si apre uno “stantiolino” per la seggetta, che consentiva al cardinale di appartarsi in privato per i bisogni fisici. 

Curiosamente, “lo stantiolino” ha il cassettonato ligneo a forma di labirinto che replica in formato ridotto un soffitto del Palazzo Ducale di Mantova.